Le discriminazioni più evidenti emerse dal rapporto sono:
- Discriminazione femminile: le donne continuano guadagnare meno degli uomini (70-90%) e le principali differenze si notano nei periodi di gravidanza e maternità. Inoltre le donne sono soggette a molestie sessuali, specialmente se considerate vulnerabili (divorziate, giovani, non autonome finanziariamente, migranti…).
- Discriminazione razziale: la provenienza continua a essere un problema nel mondo del lavoro, in particolare i popoli africani, asiatici, indigeni e le minoranze etniche subiscono una limitazione dell’accesso al mondo del lavoro. In alcuni Paesi, inoltre, i migranti sono esclusi dal sistema di protezione sociale.
- Discriminazione religiosa: cresce il numero di uomini e donne discriminati per il credo che professano.
- Discriminazione politica: continua a esistere, specialmente nel settore pubblico, dove l’accesso a un posto di lavoro e spesso determinato dall’appartenenza politica.
- Discriminazione per la salute: la maggior parte delle persone con disabilità è disoccupata, mentre chi soffre di HIV/AIDS spesso vengono discriminati nei posti di lavoro in cui il test è obbligatorio e i risultati non vengono secretati.
Nel rapporto l’ILO indica quattro aree di intervento:
- promozione della ratifica universale e dell’applicazione della Convenzione sull’uguaglianza di retribuzione del 1951 e della Convenzione sulla discriminazione (impiego e professione) del 1958, per ora ratificate rispettivamente da 168 e da 169 Stati, su un totale di 183 Stati membri dell’ILO.
- sviluppo e condivisione di conoscenze sull’eliminazione della discriminazione nell’impiego e nelle professioni;
- sviluppo delle capacità istituzionali dei costituenti dell’ILO nell’attuazione più efficace del diritto fondamentale di non discriminazione nel lavoro;
- rafforzamento dei partenariati internazionali con attori principali che si occupano di uguaglianza.
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